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Unigender: Urs Lüthi

Il fatto che dal 17 Dicembre 2009 al 5 Aprile 2010 presso il MACRO – Roma,  si potranno ammirare i lavori di Urs Lüthi, mi permette di parlare di questo artista svizzero noto sin dagli anni ’70 per la ricerca sul sé, le ambiguità dell’individuo e degli oggetti.
La mostra intitolata “Just another story about leaving” è stata ideata e sviluppata per il MACRO.
Un progetto speciale in cui le opere, il museo e la città di Roma sono coinvolte in una visione olistica che abbraccia il senso del tempo, le tematiche del viaggio, della partenza e del riapparire.

Just another Story about leaving, titolo difficilmente traducibile che richiama simbolicamente l’idea della partenza e dell’allontanamento, è infatti un progetto multiforme che comprende sia un allestimento concepito appositamente per due sale del Museo, sia un viaggio personale attraverso le diverse cronologie della “città eterna”.  Attraverso uno studio sulla propria persona e il suo essere artista, Urs Lüthi ha ricercato gli spazi della città dove far incontrare il presente e la storia e dove individuare il passaggio che anima l’oggi e lo relaziona al futuro.
Da queste riflessioni è nata la necessità di portare un’altra scultura nella città delle sculture: Just another Sculpture for Roma è un progetto fotografico speciale che vede un autoritratto scultoreo dell’artista reinterpretare la classicità in rapporto con i luoghi del vivere quotidiano. Questo viaggio ironico alla ricerca di una collocazione e di un ruolo termina al MACRO, dove la scultura si ferma e diventa parte di una riflessione sul valore del tempo. In questo modo, le sale del secondo piano dedicate alla mostra verranno trasformate da Lüthi in un unico spazio, in cui lo spettatore potrà riflettere e misurarsi con le questioni e le esperienze di cui si fa portavoce l’artista in ciascuna delle opere, come ricordo, testimonianza, ricerca, esplorazione, dolore e freddezza.
(testo del comunicato stampa – MACRO)

Urs Lüthi nasce a Krienz  (Lucerna) nel 1947, tra gli iniziatori della Body Art, è dal 1994 professore all’Accademia di Belle Arti dell’Università di Kassel, Germania.

Inizia il suo percorso artistico con la pittura, ma si dedica quasi immediatamente alla fotografia cominciando ad esibirsi con travestimenti ambigui, ritraendo un’infinità di soggetti diversi, ma sempre uguali a se stesso, alla ricerca di un’ambivalenza continua di un soggetto col suo “altro”, di un unicum definibile “unigender”. Tra il 1970 ed il 1972 realizza una serie di autoritratti fotografici per dimostrare le diverse identità che convivono all’interno di uno stesso individuo. Lüthi usa il proprio corpo come principale “veicolo artistico” e come soggetto delle proprie fotografie. Fotografie “seriali” che, scatto dopo scatto, mostrano i diversi lati oscuri di un “se stesso individuo”, scrutandosi e deformandosi per diventare archetipo, effigie e ombra di se stesso. Nell’autoritratto del 1970 “Self Portrait” assume le sembianze di una femme fatale seducente, ammiccante, androgina. La sperimentazione di Lüthi non riguarda tanto l’identità di partenza e tutte le sue dinamiche interne, ma si muove tra le alterne possibilità che hanno origine dall’incontro del sé, multiforme e ambiguo. Un Io mutevole ed eterogeneo.
Una delle sue capacità è quella di creare un “corto-circuito empatico” tra il pubblico e se stesso, attraverso linguaggi/immagini diversi che spaziano tra il senso tragico, clownesco, simbolico ed metaforico.

Con il lavoro Numbergirl (1973) Lüthi adotta pose sensuali, tenendo in mano vecchie foto di se stesso o di vari paesaggi. In ogni scatto assume pose ed espressioni diverse, alla continua ricerca di un se diverso e fissa sempre l’osservatore che rimanda la sua immagine che immediatamente si modifica.
Non c’è mai riposo tra lo spettatore e l’artista. Nel mostrarsi al pubblico, Lüthi si modifica costantemente, mimetizza continuamente il suo corpo come una specie di camaleonte. Ma questi cambiamenti di identità, queste oscillazioni di genere, non vengono dati da una fragilità o sessualità confusa ed incerta dell’autore, ma sono uno strumento che gli permette di sfuggire ad ogni tentativo di definizione, di diventare chiunque desideri. Come lo definisce Renato Barilli “….. siamo finalmente in grado di collocare le imprese del nostro Urs Lüthi, che si qualificano per la sottigliezza con cui l’artista le conduce, facendo subire alla propria identità non delle variazioni drammatiche e oppositive, bensì delle fluidificazioni, dei trattamenti sospensivi nel nome dell’ambiguità.”

L’ambivalenza dell’opera di Lüthi non si è fermata al genere, ma ha esplorato l’ampio perimetro dell’esistenza, verso contrapposizioni universali come il reale e l’apparente, il tutto e il nulla, la vita e la morte. Si ha Trash & Roses del 2002, spazzatura e rose, un gioco costante tra il sublime e lo scontato, senza però mai cadere in questo secondo aspetto; dove il contrasto fra due polarità – alto e basso, infimo ed eccellente, morte e vita – si fa metafora di una condizione di vita continuamente sospesa fra desiderio e illusione, fra sogno e realtà.

Per chi non volesse aspettare il 17 dicembre……
dal 31 ottobre scorso, nella cittadina  piemontese Verbania presso Villa Giulia CRAA – Centro Ricerca Arte Attuale si è inaugurata la mostra personale dal titolo “Art is the better life”, dedicata a Urs Lüthi. La mostra, una sorta di retrospettiva sui generis voluta dall’artista, e’ stata realizzata grazie a importanti collaborazioni con il Kunstmuseum di Lucerna, con la Galleria Lelong di Zurigo e con Kunst Meran di Merano. La mostra rimarrà fino al 20 dicembre 2009.

Link:

MACRO
Villa Giulia CRAA
Testo di Renato Barilli
Testo di Flaminio Gualdoni

Altre fonti: “I’ll be your mirror – Travestimenti fotografici” di Fabiola Naldi (Cooper&Castelvechi – 2003)

Foto in alto: Self Portrait, 1970 ©Urs Lüthi

Foto in basso: Numbergirl 1973 ©Urs Lüthi

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